Questo giovedì, la Federal Reserve degli Stati Uniti si trova di fronte a una decisione cruciale: mantenere o aumentare i tassi di interesse? Come di consueto, il mercato finanziario è in attesa. Diversi professionisti di rinomate società di gestione di fondi internazionali hanno condiviso con noi le loro prospettive sul possibile percorso che intraprenderà la Fed.
Franck Dixmier, Global CIO Fixed Income, Allianz GI

Non ci aspettiamo un aumento dei tassi durante la riunione della Fed del 19-20 settembre. Attualmente, i mercati prezzano con una probabilità del 44% un ulteriore aumento di 25 punti base entro la fine del 2023, ma riteniamo che la Fed abbia completato il suo ciclo di rialzi dei tassi. Va ammesso che gli investitori continuano a essere sorpresi dai dati economici degli Stati Uniti, che confermano la resilienza dell’economia statunitense mese dopo mese.
Tuttavia, i recenti dati economici indicano una continuazione della disinflazione, soprattutto nei servizi, e una riduzione delle tensioni nel mercato del lavoro, che è un indicatore chiave per la Fed. Il trend al ribasso dell’inflazione si riflette anche nel sentiment dei consumatori. Le aspettative di inflazione a un anno sono scese al 3,1% in agosto (il dato più basso da marzo 2021) rispetto al 3,5% del mese precedente, mentre le aspettative a 5-10 anni sono scese al 2,7% dal 3% del mese precedente.
Anche se la riunione del FOMC non incide sulla possibilità di un aumento dei tassi, i mercati presteranno particolare attenzione al discorso del presidente della Fed Jerome Powell sul calendario dei cambiamenti nella politica monetaria. Dopo la forte correzione nella parte breve della curva dei rendimenti degli Stati Uniti durante l’estate, il tema del “più alto per più tempo” si è radicato. Un primo taglio dei tassi è stato rinviato e ora i mercati si attendono che avvenga nel luglio del 2024. Qualsiasi revisione al rialzo delle previsioni dei membri della Fed nel “dot plot” per i tassi futuri sarà quindi seguita con attenzione. In questo contesto, dopo la pressione sui rendimenti statunitensi osservata nelle ultime settimane, riteniamo che sia il momento di considerare il recupero della durata sulla curva dei rendimenti statunitensi, soprattutto nel ventre della curva.
Saira Malik, CIO, Nuveen

Non abbiamo ancora varcato il confine con il territorio del taglio dei tassi. La scorsa settimana la pubblicazione dei dati sull’indice dei prezzi al consumo Cpi di agosto negli Usa ha suscitato un certo scalpore tra gli investitori, in quanto ha fornito ulteriori prove del fatto che la recente tendenza disinflazionistica, che sostiene l’apprezzamento del mercato da gran parte del 2023, si è arrestata.
Diverse componenti dell’indice Cpi (come gli alloggi) rimangono troppo elevate o hanno subito una nuova accelerazione dopo aver mostrato segni di attenuazione, come nel caso dei prezzi dell’energia, in particolare la benzina. In vista della riunione della Federal Reserve di questa settimana, il recente dato sull’inflazione potrebbe sostenere l’ipotesi di un ulteriore rialzo dei tassi di 25 punti base. A nostro avviso, con un’inflazione ancora ben al di sopra dell’obiettivo del 2% della Fed, è più probabile che si verifichi un altro aumento dei tassi prima di qualsiasi taglio, nonostante gli auspici dei mercati. Detto questo, il nostro scenario di base prevede una pausa nell’attuale ciclo di rialzi entro la fine del 2023, dopodiché ci aspettiamo che i tassi rimangano elevati ma stabili nel 2024.
Gero Jung, Chief Economist, Mirabaud AM

A nostro avviso, l’ultimo rapporto sul mercato del lavoro negli Stati Uniti mostra due cose. Uno: il dinamismo del mercato del lavoro sta rallentando. Secondo, un rialzo dei tassi a settembre da parte della Federal Reserve è improbabile, e per questo non cambiamo il nostro scenario di base che prevede una pausa della Fed fino alla fine dell’anno e al primo trimestre del 2024.
Analizzando il rapporto sull’occupazione del mese scorso, notiamo quanto segue. In primo luogo, l’aspetto positivo è che la creazione di nuovi posti di lavoro è stata forte, pari a quasi 200.000 unità, nonostante il possibile effetto di trascinamento di 37.000 posti di lavoro dovuto alle ripercussioni della bancarotta di Yellow Trucking Company e allo sciopero di 17.000 lavoratori dello spettacolo aderenti al sindacato SAG (Screen Actor Guild).
Notiamo poi che questo forte dato di agosto arriva dopo revisioni al ribasso molto significative – di 110.000 unità – dei dati sui mesi precedenti. In secondo luogo, in linea con lo scenario di pausa della Fed, la crescita dei salari, indicata dalla retribuzione oraria media, è rallentata allo 0,2% m/m. In terzo luogo, il tasso di disoccupazione è salito al 3,8%, spinto dall’aumento della partecipazione alla forza lavoro, mentre il rapporto occupazione/popolazione rimane stabile vicino ai massimi del ciclo.
Jeffrey Cleveland, Chief Economist, Payden & Rygel

Ad agosto negli Stati Uniti l’Indice dei Prezzi al Consumo complessivo è salito al 3,7% su base annua, in linea con le attese, mentre l’indice core ha registrato un aumento dello 0,3% su base mensile, un dato leggermente al di sopra del consensus Bloomberg.
A un tasso annualizzato, l’IPC core di agosto sarebbe pari al 4% circa, ben al di sopra del target del 2% della Fed: l’inflazione resta quindi resiliente, nonostante i beni rifugio siano aumentati solo dello 0,3%, una delle letture più deboli da molto tempo a questa parte.
Molte volte, nel corso degli ultimi 18 mesi, gli investitori hanno sperato che un rallentamento del prezzo di beni o affitti avrebbe posto fine alle preoccupazioni sul fronte inflazione, ma +0,3% su base mensile è ancora un livello troppo elevato.
Il dato dell’inflazione di agosto non esclude quindi la possibilità di ulteriori rialzi dei tassi: è troppo presto per decretare la fine del ciclo rialzista, anche qualora la Fed dovesse optare per una pausa nel corso della riunione di questa settimana. Sicuramente, se l’inflazione su base mensile dovesse rimanere su questi livelli, i tagli dei tassi non sarebbero un’opzione praticabile, con buona pace degli investitori che sperano in un’inversione della politica monetaria Usa e in un taglio dei tassi già nei prossimi 12 mesi.
Blerina Uruci, Chief U.S. Economist, T. Rowe Price

Alla riunione di domani, probabilmente, il FOMC annuncerà la decisione di lasciare invariati i tassi di interesse, come previsto dal mercato e come scontato da tempo. La prossima settimana il FOMC aggiornerà collettivamente le sue proiezioni sulle prospettive economiche e le aspettative sui tassi nel Summary of Economic Projections (SEP).
Per quanto riguarda la SEP, ci aspettiamo che le previsioni di crescita per il 2023 vengano riviste al rialzo, il tasso di disoccupazione e le previsioni di inflazione al ribasso, riflettendo principalmente i dati emersi a giugno. Crediamo che il dot plot (grafico a punti) indichi ancora un rialzo per quest’anno, anche se alcuni punti potrebbero essersi spostati più in basso, riflettendo il cambiamento di opinione di alcuni membri dovish del FOMC, secondo i quali la politica monetaria è già “abbastanza restrittiva”.
Le proiezioni sui tassi di interesse per il 2024 dovrebbero essere al centro dell’attenzione e potrebbero essere utilizzate come strumento di comunicazione da Powell per mandare il messaggio che i tassi resteranno in alto il più a lungo possibile. Nella mia baseline, il dot plot mostrerà ancora quattro tagli di 25pb come appropriati per il prossimo anno. Ma c’è un rischio significativo di un dot plot da falco, in base al quale il FOMC potrebbe ritenere appropriati per l’anno prossimo meno tagli, data la tenuta complessiva dell’economia e il tasso di disoccupazione ancora basso. Stando a questi due fattori, non è scontato che l’inflazione scenda al 2,0% nel medio termine, se la crescita resterà al di sopra del potenziale e del tasso di disoccupazione.
Un altro rischio per il SEP è che la stima del tasso d’interesse di equilibrio di lungo periodo venga rivista al rialzo. La motivazione di una tale mossa potrebbe essere rappresentata dalle recenti stime dei modelli della Fed che suggeriscono che r* potrebbe essersi spostato più in alto. Sebbene si possa discutere dei meriti e delle carenze di tali modelli, è possibile che essi influenzino il consenso del FOMC nel ritenere che l’economia si stia gradualmente muovendo verso tassi di interesse a lungo termine strutturalmente più elevati. La Fed potrebbe anche utilizzare l’aumento dei rendimenti dei Treasury a lungo termine come argomento per un rialzo strutturale dei tassi, ossia per trarre un segnale dai prezzi di mercato. Potrebbe sembrare un po’ un circolo vizioso, dato che gli operatori di mercato traggono segnali anche dalle proiezioni del FOMC sul percorso futuro dei tassi d’interesse, ma non credo sia impossibile che il FOMC giunga a questa conclusione.
Per quanto riguarda la riunione di novembre, ritengo che le probabilità siano ancora 50/50, anche se i prezzi di mercato si sono recentemente spostati verso una probabilità inferiore. I rischi principali per la decisione della riunione di novembre sono: un possibile shutdown del governo (già a ottobre se non viene firmata una risoluzione) e uno sciopero dell’AUW. Se questi fattori dovessero protrarsi nel tempo e provocare distorsioni nei dati a breve termine, il FOMC potrebbe decidere di non agire a novembre alla luce dell’accresciuta incertezza. Ma potrebbe comunque effettuare un rialzo a dicembre.
Continuiamo a ritenere che ci troviamo vicini alla fine del ciclo di inasprimento. La prossima battaglia della Fed si combatterà sul terreno del “più alti, più a lungo”. Per questo messaggio, la strategia di comunicazione più pulita consisterà nell’utilizzare i punti del 2024 e nel rimandare gradualmente i tagli man mano che i dati riveleranno che l’attività economica e il mercato del lavoro rimangono resistenti.
Eric Winograd, Head Economist, AllianceBernstein

Non credo che la decisione della BCE dello scorso giovedì influenzi la decisione della Federal Reserve di questa settimana, nella quale continuo a sperare che non ci sia un aumento dei tassi.Dubito anche che la Federal Reserve fornirà lo stesso tipo di orientamento esplicito che la BCE ha dato la settimana scorsa. Detto questo, l’attuale dot plot della Fed riflette l’aspettativa che ci sarà un ulteriore aumento dei tassi quest’anno; un cambiamento in quest’aspettativa sarebbe un segnale significativo che il ciclo è terminato, anche se non è così esplicito come il linguaggio utilizzato dalla BCE.
Anche se i punti dovessero diminuire, mi aspetto che la Fed lasci aperta la porta a futuri aumenti. L’economia statunitense ha guadagnato slancio in estate, anche quando l’economia europea si è rallentata. Pertanto, anche se ritengo che questo aumento sia temporaneo, come penso io, ha più senso essere cauti che categorici riguardo al futuro percorso, ed è ciò che mi aspetto che faccia la Fed.
James McCann, vicecapo economista, abrdn

La Fed probabilmente deciderà di mantenere i tassi invariati, dopo averli già incrementati in undici delle ultime dodici riunioni di politica monetaria. Sulla scia di questo rapido aggiustamento, la banca centrale americana è chiaramente intenzionata a procedere con maggiore cautela per meglio valutare la risposta dell’economia a questi rialzi dei tassi. Finora le notizie sono state positive, con un chiaro rallentamento dell’inflazione, un mercato del lavoro sano e una crescita positiva. In effetti, la Banca centrale USA sembra sempre più ottimista sulla possibilità di un soft landing.
Tuttavia, sebbene il presidente Powell possa riconoscere questi segnali incoraggianti, una parte del suo messaggio di questa settimana verterà sul fatto che il lavoro non è ancora terminato. Certo, c’è ancora molta strada da fare prima che la Fed possa essere sicura che l’inflazione stia tornando a livelli sostenibili, e questo non è ancora il momento di cantar vittoria. Infatti, i “dot plot” aggiornati, ossia le previsioni sui tassi d’interesse da parte dei singoli membri del Fomc, probabilmente indicheranno ancora l’intenzione, a livello mediano, di alzare di nuovo i tassi quest’anno. L’idea che una pausa, questo mese, preannunci la fine del ciclo di rialzi è controversa.
Il messaggio più sfumato del presidente Powell indicherà che le decisioni della Fed continuano a dipendere dai dati. I recenti sviluppi hanno lasciato alla banca centrale un margine di manovra per valutare l’andamento dell’economia, e le sue prossime mosse dipenderanno dall’andamento dell’inflazione e della crescita nei prossimi mesi. Ulteriori buone notizie sul fronte dell’inflazione potrebbero rendere superfluo un ultimo rialzo, ma sospettiamo che una serie di dati più solidi sull’inflazione, insieme a un’attività ancora solida, possa rendere necessario un ultimo rialzo nel corso dell’anno.
Al netto dei vari aggiustamenti, il mercato osserverà i segnali di politica monetaria per il 2024 e il punto di vista della Fed sul livello dei tassi a lungo termine. È probabile che la Fed continui a segnalare un certo allentamento nel 2024, anche se potenzialmente inferiore ai 100 punti base di tagli previsti nella riunione di giugno, data la forza dell’attività economica di quest’anno. Un tale messaggio su tassi più alti più a lungo sarebbe in contrasto con i mercati che attualmente prezzano un allentamento ancora maggiore nel 2024.
È possibile che la visione della Fed sui tassi a più lungo termine – quelli che mantengono l’economia a livelli costanti di crescita e inflazione – si sia rafforzata. Tuttavia, data la notevole incertezza che regna intorno ai cosiddetti tassi neutrali, non siamo convinti che la Fed esprimerà una visione diversa in questo momento. In effetti, le sue opinioni sono rimaste notevolmente stabili dal 2019, riflettendo probabilmente questa incertezza. Un cambiamento al rialzo sarebbe un segnale da falco per il percorso dei tassi di interesse a breve e lungo termine.
Martin van Vliet, Global Macro Strategist, Robeco

Come ipotesi di base, prevediamo che la Fed effettuerà un ulteriore rialzo di 25 punti base, che probabilmente avverrà a novembre. I funzionari della Fed hanno comunicato che le proprie decisioni sono sempre più legate ai dati. I dati sull’inflazione di giugno e luglio si sono rivelati in linea con le aspettative, o addirittura hanno sorpreso un po’ in senso dovish. I dati sul mercato del lavoro, come le offerte di impiego, suggeriscono che le condizioni si stanno gradualmente normalizzando.
Tuttavia, la Fed avrà sentimenti contrastanti sulle condizioni economiche, dato che la crescita della spesa dei consumatori continua a essere più forte del previsto. Da questo punto di vista, si può parlare di un altro rialzo. Un nuovo rialzo significa correre il rischio di un inasprimento ingiustificato. Tale rischio sarebbe più elevato se i tassi venissero alzati a settembre piuttosto che a novembre, in quanto il mercato attualmente attribuisce una bassa probabilità a un rialzo a settembre.
D’altra parte, se i tassi non venissero alzati, gli operatori potrebbero anticipare le attese sui futuri tagli dei tassi di riferimento, provocando un prematuro allentamento delle condizioni finanziarie. Ciò sarebbe poco auspicabile per la Fed. Danneggerebbe la sua credibilità nella lotta all’inflazione e un danno del genere sarebbe difficile da riparare. A causa di queste considerazioni sulla gestione del rischio, la Fed continuerà probabilmente a mantenere un approccio restrittivo finché non ci sarà l’urgenza di cambiare. Ciò suggerisce che, se dovesse fare una pausa a settembre, probabilmente ci si aspetta un rialzo dei tassi a novembre.
Un nuovo rialzo, mentre l’inflazione core continua a scendere, aiuterebbe a convincere il mercato che la Fed è seriamente intenzionata a raggiungere l’obiettivo di inflazione del 2%. Un ulteriore rialzo potrebbe danneggiare inutilmente l’economia, ma la Fed è convinta che un raffreddamento troppo rapido dell’economia possa essere facilmente contenuto con un taglio dei tassi.
Con la fase di rialzo del ciclo probabilmente quasi conclusa, dopo la riunione di novembre dovrebbe iniziare un nuovo capitolo. Questa fase sarà probabilmente caratterizzata da una forward guidance per cui i tassi potrebbero rimanere in territorio restrittivo per molto tempo.
Un ulteriore calo dell’inflazione core, verso livelli inferiori al 3%, creerà le condizioni per un taglio dei tassi. Ma è improbabile che un’inflazione più bassa possa da sola forzare la mano alla Fed. Un indebolimento della crescita e soprattutto delle condizioni del mercato del lavoro sarà un fattore più convincente per indurre il FOMC a prendere in considerazione un taglio dei tassi. A causa della tenuta dei recenti dati sulla crescita, abbiamo posticipato di tre mesi la nostra previsione per il primo taglio dei tassi da parte della Fed a giugno del prossimo anno.