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I venti contrari per i mercati azionari iniziano a diminuire
Prospettive di mercato

I venti contrari per i mercati azionari iniziano a diminuire

AUTORE: Laurence Taylor, Portfolio Specialist, T. Rowe Price Lo scorso anno i mercati hanno subito pesanti perdite a causa della combinazione di numerosi fattori che hanno prodotto livelli più elevati di volatilità macroeconomica. Dall’impennata dell’inflazione alla successiva stretta aggressiva delle banche centrali, dalla guerra della Russia contro l’Ucraina alla politica zero COVID della Cina, questi […]
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22 FEB, 2023

Di T.Rowe Price

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AUTORE: Laurence Taylor, Portfolio Specialist, T. Rowe Price

Lo scorso anno i mercati hanno subito pesanti perdite a causa della combinazione di numerosi fattori che hanno prodotto livelli più elevati di volatilità macroeconomica. Dall’impennata dell’inflazione alla successiva stretta aggressiva delle banche centrali, dalla guerra della Russia contro l’Ucraina alla politica zero COVID della Cina, questi shock inattesi e duraturi hanno messo a dura prova la determinazione degli investitori. Guardando avanti, ci aspettiamo che la volatilità continui, ma vediamo sempre più segnali che i venti contrari che hanno caratterizzato gran parte del 2022 cominceranno a dissiparsi nel corso dell’anno.

Perché il 2023 potrebbe essere più positivo per i mercati azionari

Parte del motivo per cui il 2022 è stato così difficile per gli investitori è stata l’accelerazione e l’entità dei rialzi dei tassi d’interesse nel corso dell’anno. Con l’inflazione ai massimi da 40 anni a questa parte, la Fed ha avviato una serie di rialzi dei tassi d’interesse, tra i più consistenti della storia recente. Tuttavia, poiché i recenti dati sull’inflazione mostrano segni di indebolimento, ci aspettiamo che la Fed inizi a rallentare e poi a sospendere il suo ciclo di inasprimento dei tassi.

Ma perché l’inflazione dovrebbe scendere nel 2023 e non entrare in una spirale simile a quella degli anni ’70? Riteniamo probabile che l’inflazione raggiungerà un picco e si affievolirà, in parte a causa degli stessi fattori che hanno contribuito alla sua impennata iniziale.

I problemi della catena di approvvigionamento causati dalla pandemia si stanno rapidamente attenuando con la riapertura della Cina e mentre il mondo impara a convivere con il COVID. Sebbene non siano state risolte tutte le complesse questioni relative alle supply chain globali, sono già stati compiuti enormi progressi, con un netto miglioramento delle condizioni di approvvigionamento.

Allo stesso tempo, la domanda è in calo e la disoccupazione in aumento, a causa dei costi più elevati e delle prospettive di crescita incerte. 

I prezzi delle materie prime hanno continuato a indebolirsi. Il petrolio è attualmente scambiato a circa 80 dollari al barile, mentre la curva forward indica per il futuro un intervallo compreso tra 60 e 70 dollari al barile. Anche i prezzi della benzina sono fermi, su base annua, mentre i prezzi delle altre materie prime sono diminuiti rispetto ai massimi. 

Questi fattori richiedono tempo per alimentare forze neutrali e poi potenzialmente disinflazionistiche, ma prevediamo che entro l’estate saremo probabilmente a questo punto, anche prima che altre forze disinflazionistiche derivanti da parti del mondo a bassa crescita inizino a esercitare la loro influenza.
Se l’inflazione scende al di sotto del tasso dei Fed funds, ciò, su base storica, indica il culmine del ciclo di politiche monetarie restrittive.

Growth vs. Value: più equilibrati e sfumati

Nel 2022, i titoli growth hanno registrato una sostanziale sottoperformance rispetto ai titoli value e difensivi, con una forte contrazione dei multipli di valutazione delle società growth rispetto ai livelli pandemici. Tassi di interesse più alti sono tipicamente negativi per i titoli growth e la successione di rialzi dei tassi d’interesse dello scorso anno si è rivelata molto dolorosa.

La Fed è stata aggressiva nel rispondere all’impennata dell’inflazione

È sempre difficile prevedere una rotazione verso l’uno o l’altro stile, ma con le valutazioni dei titoli difensivi ora elevate e con i settori energetici e difensivi ben presidiati, questi titoli oggi hanno margini di apprezzamento più bassi. Allo stesso modo, sebbene esista ancora un premio evidente nei segmenti dell’universo growth, tale premio si è notevolmente ridotto rispetto ai titoli value. Dato che gli investitori si concentrano sempre di più sul ribasso degli utili di tutto il mercato (sia per i titoli value che per quelli growth), riteniamo che la resilienza degli utili e le società in grado di mantenere invariati i rendimenti per gli azionisti diventeranno ancora più importanti.

Non intendiamo fare una scelta di stile specifica, ma riteniamo che questo sia un momento in cui il mercato potrebbe tornare a considerare gli utili come il motore dei rendimenti azionari, in quello che probabilmente sarà un mondo a bassa crescita o addirittura in recessione. Se i mercati azionari diventeranno meno direzionali, la selezione dei titoli assumerà probabilmente un’importanza ancora maggiore, così come la capitalizzazione dei rendimenti per gli azionisti.

I titoli azionari appaiono più interessanti

Naturalmente, nessuna metrica di valutazione offre all’investitore “la risposta”, e gli ultimi tre anni dimostrano che le valutazioni sono contestuali. Possiamo, tuttavia, affermare che i tassi di interesse sono molto più alti rispetto a un anno fa, mentre l’inflazione sembra aver raggiunto il suo picco. Ma nel 2023 c’è il rischio di una riduzione degli utili, poiché i margini sono messi sotto pressione dall’inflazione e dalla bassa crescita. Sarà quindi importante cercare segmenti di mercato in cui sia possibile trovare una tenuta degli utili e persino un possibile miglioramento, ed è questa l’area su cui ci stiamo concentrando.

Attualmente, i mercati azionari stanno scambiando a un livello di valutazione medio, mentre il posizionamento all’interno dei mercati rimane decisamente difensivo. Ciò è chiaramente diverso dal fatto che i mercati siano estremamente sottovalutati o stiano valutando una crisi. Tuttavia, un rapporto prezzo/utili inferiore alla media a 3, 5 e 10 anni è, a nostro avviso, un punto di partenza relativamente solido quando si pensa ai rendimenti corretti per il rischio.

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