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Debito USA: Default imminente?
Prospettive di mercato

Debito USA: Default imminente?

Il default del debito sovrano USA porterebbe a conseguenze molto negative sui mercati
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26 MAG, 2023

Di Teresa M. Blesa di RankiaPro

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L'1 giugno, il giorno in cui il governo degli Stati Uniti dovrà dichiarare l’impossibilità di ripagare le sue obbligazioni, è ogni volta più vicino. Lo scenario peggiore che si potrebbe verificare è il default tecnico del debito sovrano USA: ma questa situazione è imminente? Ecco le opinioni degli esperti.

Ombretta Signori, Head of Macroeconomic Research and Strategy di Ofi Invest AM

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La scorsa notte (ora italiana), Fitch ha annunciato di aver messo sotto osservazione il debito statunitense classificato AAA per un possibile downgrade. Il motivo di questa decisione è l’estrema polarizzazione della politica americana in materia economica, che sta rendendo sempre più difficile trovare un accordo sul tetto del debito, con il giorno X che si sta avvicinando inesorabilmente. Il “giorno X” è la data in cui il governo degli Stati Uniti dovrà dichiarare l’impossibilità di ripagare le sue obbligazioni e che il Dipartimento del Tesoro ha fissato al prossimo 1° giugno se non ci dovessero essere svolte. Lo scenario peggiore che si potrebbe verificare è il default tecnico del debito sovrano USA, il quale porterebbe a conseguenze molto negative sui mercati, tra cui una elevata volatilità e un’avversione al rischio molto maggiore.

Il mercato monetario sta già prezzando un notevole premio a tale rischio dato che i Buoni del Tesoro in scadenza nella prima settimana di giugno pagano l'1,5% di interesse in più rispetto a una settimana fa (il rendimento è aumentato chiudendo al 7% dal 5,5% alla fine della scorsa settimana). La mossa di Fitch apre anche la porta al rischio non banale di una ripetizione del 2011, quando, S&P declassò per la prima volta il debito USA ad AA+. Quello che possiamo sperare è che serva da ulteriore incentivo per Repubblicani e Democratici a raggiungere un accordo in tempo, evitando perdite economiche e conseguenze reputazionali per gli Stati Uniti. Questo ultimo aspetto è particolarmente importante perché non dobbiamo dimenticare che più di un quarto del debito degli Stati Uniti è nelle mani di investitori stranieri (la maggior parte dei quali sono paesi asiatici).

Ovviamente, sono verosimili anche altri scenari meno nefasti, anzi, riteniamo che quello più probabile resti, comunque, un accordo last minute tra le parti. Questo potrebbe prevedere una sospensione o un innalzamento del livello di indebitamento massimo a dopo le elezioni presidenziali previste per il prossimo anno. Inoltre, altri esperti ritengono che il giorno X sarà il 7 giugno e non il 1°, come indicato dal Tesoro, il che potrebbe portare a un prolungamento delle tempistiche dei negoziati per trovare una soluzione condivisa. Inoltre, se alla fine questa convergenza tra le parti dovesse mancare e si giungesse effettivamente al giorno X, sarebbe comunque possibile evitare il default, ad esempio dando la priorità ad alcuni pagamenti rispetto ad altri, oppure, in casi disperati, appellandosi al 14° emendamento.

Andrzej Skiba, Head of BlueBay U.S. Fixed Income, RBC BlueBay

Ritengo che l'idea di un default degli Stati Uniti sia difficile da immaginare. Tuttavia, è vero che nell'attuale contesto politico polarizzato potrebbero verificarsi incidenti di percorso. Sottolineiamo tuttavia che, anche se lo stallo dovesse spingere il mercato dei Treasury USA oltre il limite, ci aspettiamo una rapida risoluzione della crisi.

Ciò non significa, tuttavia, che non ci sarebbero conseguenze in caso di mancato pagamento di una cedola o di un buono del Tesoro non pagato nei tempi. Oltre agli ovvi effetti di un improvviso inasprimento delle condizioni finanziarie, il rischio di declassamenti multipli del rating, la vendita forzata dai portafogli sensibili al rating, la potenziale necessità di sostituire o aumentare le garanzie per i contratti derivati e la perdita di fiducia nella supremazia dei titoli di Stato USA sono solo alcune delle conseguenze che si potrebbero prevedere in uno scenario avverso.

Non ci sono però solo cattive notizie. L'esperienza acquisita dai precedenti stalli suggerisce che le condizioni di mercato tornano alla normalità abbastanza rapidamente dopo eventi traumatici. Vale anche la pena ricordare che i problemi di un titolo specifico non si estendono ad altri titoli emessi dal Tesoro, vale a dire che non esiste un cross-default (a differenza di quanto avviene per le società). Infine, questa volta il settore del mercato monetario è più preparato: la maggior parte dei gestori ha evitato che i T-bills scendessero intorno al punto previsto in cui gli Stati Uniti esauriscono la liquidità e la struttura di reverse repo della Fed ha permesso di ottenere abbondante liquidità in un momento in cui il settore potrebbe sperimentare una maggiore volatilità nei flussi degli investitori.

Paolo Mauri Brusa, gestore del team Multi Asset Italia di GAM (Italia) SGR 

Paolo Mauri Brusa.

Kevin McCarthy, repubblicano e speaker della Camera dei rappresentanti, è il politico più seguito e intervistato di queste settimane a Washington. A lui l’arduo compito di trovare un compromesso che metta d’accordo le ali più estreme dei due schieramenti politici. Sul tavolo ci sono questioni importanti che possono avere ripercussioni profonde sia sull’economia reale americana che sui mercati finanziari. I Repubblicani vorrebbero un deciso e duraturo taglio della spesa sociale unito ad una ridistribuzione del budget che vada ad incrementare le risorse del Pentagono.

Tradotto, meno sussidi alle famiglie bisognose, spesa per transizione energetica e sanità pubblica, più spesa militare. I Democratici, invece, sono disposti a ridurre il deficit ma solo attraverso tagli temporanei e trasversali su tutte le voci di spesa, incluse quelle per la Difesa. L’innalzamento del limite sul tetto del debito pubblico non è una novità per l’amministrazione americana, dagli anni 60 ad oggi è stato votato ben 80 volte, ma la polarizzazione del congresso su posizioni radicali frutto dell’era Trump, ha reso i negoziati più difficili che mai. Il default, inutile dirlo, avrebbe conseguenze catastrofiche per oltre 8 milioni di lavoratori americani oltre che per il mercato dei Treasury, con ricadute sia sul settore bancario già sotto stress, che sul sistema pensionistico.

La Yellen da settimane suona tutti i campanelli di allarme a sua disposizione cercando di forzare la mano del Congresso affinché si arrivi al voto. I mercati per il momento hanno reagito in maniera composta, convinti che, come accaduto più volte in passato, alla fine prevarrà il senso di responsabilità e verrà trovato un accordo. Anche i listini internazionali non sembrano eccessivamente preoccupati, eppure un evento di tale portata avrebbe conseguenze che vanno ben oltre i confini americani. Impatterebbero le quotazioni del dollaro in primis e dei mercati delle materie prime, ma anche le quotazioni dei titoli governativi degli altri paesi.

Diamo quindi anche noi per scontato che il compromesso alla fine si troverà, è facile immaginare però che i Democratici dovranno fare diverse concessioni all’ala più estrema dei Repubblicani per far digerire loro il voto favorevole. È possibile quindi una prosecuzione dei trend settoriali già in atto che vedono la ripresa dei settori tecnologico e dei consumi discrezionali, sostenuti da buoni risultati sul fronte utili. Salute e utilities invece, potrebbero restare indietro a causa dei tagli di spesa e del rallentamento della crescita economica. Sul fronte valutario potrebbe verificarsi un indebolimento del dollaro americano grazie al venir meno dell’incertezza e alla possibile imminente pausa dei rialzi dei tassi da parte della Fed.

Libby Cantrill, Head of US Public Policy, PIMCO

Libby Cantrill, Head of US Public Policy di PIMCO

Siamo fortemente convinti che le recenti trattative, che si sono susseguite e che tutt’ora si stanno susseguendo, porteranno a un accordo sul tetto del debito prima della "data X" fissata dal Tesoro degli Stati Uniti per il 1° giugno (ossia la data stimata in cui il governo federale non avrà più fondi sufficienti per pagare le proprie spese), anche se probabilmente avverrà letteralmente in extremis. Dopotutto, nessuno dei due partiti sembra avere un incentivo politico sia a concedere sconti prima che ne sia assolutamente obbligato, che ad andare in default. Per usare un'analogia azzeccata, seppur vivida: L’approvazione del tetto del debito è come liberarsi di un calcolo renale: sappiamo che passerà, si tratta solo di capire quanto sarà doloroso. Potremmo dire che in questo momento ci troviamo nel periodo doloroso.

Infatti, anche se entrambi gli schieramenti politici hanno saggiato i limiti di un possibile accordo sul tetto del debito con nuove richieste (ad esempio, riforma dell'immigrazione per i repubblicani, aumento delle tasse per i democratici), lo schema generale non è cambiato molto nelle ultime settimane: recupero dei fondi COVID-19 inutilizzati, tetti alla spesa "discrezionale" (che rappresenta circa il 25% dei 6.000 miliardi di dollari di bilancio annuale del governo americano), requisiti di lavoro per determinati programmi assistenziali (che hanno un discreto successo, ma tendono a essere onerosi da amministrare e quindi fanno poco per contenere il deficit), e potenzialmente qualche acconto nella riforma delle autorizzazioni energetiche (sia per l'energia tradizionale che per quella pulita). Potremmo anche vedere delle modifiche alle modalità di rimborso delle prestazioni ospedaliere del programma Medicare.

I veri ostacoli, tuttavia, sembrano riguardare i dettagli della spesa:

  • Fissare la cosiddetta base di spesa per l'anno fiscale 2024: se la spesa per l'anno fiscale 2024 viene riportata ai livelli dell'anno fiscale 2022, come chiedono i repubblicani, è probabile che ciò comporti tagli a breve termine alla spesa discrezionale e risparmi a più lungo termine sul deficit. Se la spesa per l'anno fiscale 2024 fosse fissata ai livelli dell'anno fiscale 2023 - la richiesta dei Democratici - ciò comporterebbe probabilmente un congelamento della spesa discrezionale (cioè nessun taglio), ma rappresenterebbe comunque una riduzione del deficit a più lungo termine su un arco di 10 anni.
  • La profondità e la composizione dei tetti alla spesa: I temi sono l'entità del rallentamento della crescita della spesa rispetto alle proiezioni del Congressional Budget Office (CBO) (cioè, di quanto verrà "limitata" la crescita) e il modo in cui tali limiti saranno applicati alla spesa discrezionale non legata alla difesa (dai parchi nazionali agli ispettori addetti al controllo della carne) rispetto alla spesa per la difesa. C'è anche la questione della durata dei tetti alla spesa: i democratici vogliono due anni, i repubblicani ne hanno chiesti dieci.

Nel complesso, riteniamo che troveranno un punto d’incontro che probabilmente si tradurrà in pochi, se non nulli, tagli alla spesa a breve termine, ma produrrà risparmi a lungo termine sul deficit rispetto alle attuali proiezioni del CBO. Naturalmente, per affrontare davvero la sostenibilità fiscale del Paese, dovrebbero affrontare l'elefante nella stanza, ovvero la spesa per i programmi assistenziali, ma questa non è un'opzione politicamente percorribile per entrambi gli schieramenti nel prossimo futuro.

Entro quando i legislatori dovranno realisticamente trovare un accordo? Tutti stanno lavorando per soddisfare la data X del 1° giugno, fissata dal Tesoro. Per rispettare tale scadenza, è probabile che i negoziatori debbano raggiungere un accordo di massima entro la metà di questa settimana, al fine di elaborare un testo legislativo e procedere con le consultazioni in Camera e Senato. Una volta raggiunto un accordo di massima, potrebbero verificarsi ulteriori problemi nel raccogliere un sostegno sufficiente per l’accordo nelle rispettive basi di partito, ma riteniamo che ci sarà un sostegno sufficiente da entrambi i partiti per far passare la legge. Inoltre, se il Congresso ha bisogno di ulteriore tempo per negoziare o per mettere nero su bianco la legge, è possibile che si possa assistere ad un'estensione di breve termine di una o due settimane al massimo.

Non ci aspettiamo l'invocazione del 14° Emendamento. Di recente si è fatto più rumore sul possibile ricorso del Presidente Joe Biden al 14° Emendamento per ignorare di fatto il limite del debito, citando la clausola secondo cui il debito pubblico "non deve essere messo in discussione". Tuttavia, il Segretario al Tesoro Janet Yellen continua a insistere sul fatto che l'unico modo in cui il tetto al debito può essere affrontato è passando per il Congresso. In un’ottica di mercato, il ricorso all'emendamento sembra improbabile, data l'incertezza che potrebbe causare, e sembra improbabile anche dal punto di vista politico, date le prevedibili ripercussioni.

Reazione del mercato: Se ci basiamo sulle situazioni passate relative al tetto del debito, i mercati azionari potrebbero oscillare questa settimana a seconda dell’andamento dei negoziati, ma se l'accordo previsto si cristallizza e non ci sarà un default, i mercati potrebbero probabilmente ritracciare dopo una risoluzione. (C'è stata un'eccezione nel 2011, quando i mercati azionari hanno continuato a scendere dopo la risoluzione e la data X, in parte a causa della crisi del debito europeo e in parte per l'anticipazione di grandi tagli alla spesa che facevano parte della risoluzione). Detto questo, abbiamo già assistito a significative distorsioni nel mercato del reddito fisso, che hanno creato sia rischi che opportunità.

In conclusione: Anche se i prossimi giorni o la prossima settimana saranno probabilmente molto caotici, rimaniamo ottimisti che si trovi un accordo prima della data X del 1° giugno, con la remota possibilità di una proroga di breve durata (di settimane, non mesi). Di conseguenza, i legislatori (e i mercati) probabilmente non dovranno occuparsi nuovamente del tetto del debito fino al 2025, dopo le attesissime elezioni del 2024. Nessuno sembra avere l'incentivo politico a trovare un compromesso prima dell'ultimo minuto, quindi potremmo assistere a un po' di stress e di tensione prima della scadenza della prossima settimana, ma il risultato complessivo ci sembra chiaro: La risoluzione del tetto del debito passerà.

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