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E se fossimo già in un nuovo ciclo economico? 
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E se fossimo già in un nuovo ciclo economico? 

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24 OTT, 2023

Di AXA Investment Managers

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AUTORE: Alessandro Tentori, Chief Investment Officer di AXA IM Italia 

I mercati avevano scommesso sull’imminente fine della stretta monetaria, ma non è escluso che continui. Infatti, anche se in calo, l’inflazione resta ancora al di sopra del target delle banche centrali. La tanto telegrafata recessione non si è materializzata. Dovremo abituarci a uno scenario di inflazione superiore al 2% e di tassi alti per un periodo più lungo di quanto inizialmente previsto.   

La Federal Reserve (Fed) ha quasi concluso il suo ciclo di stretta monetaria senza causare una recessione, come invece il consenso si aspettava a inizio anno. Nemmeno in Eurozona, per il momento, si è materializzata una recessione, anche se qui la maggior esposizione ai prezzi dell’energia e alle conseguenze della guerra in Ucraina stanno avendo un impatto maggiore sul rallentamento della crescita. 

Nel giro di soli nove mesi, le view dei guru di Wall Street sono passate da una narrazione di recessione negli Stati Uniti a una narrazione di “soft landing”, cioè di un rallentamento del tasso di crescita dell’economia (dal 6% del 2021 al 2,1% stimato oggi). 

Secondo dati Bloomberg, le stime del consensus circa la probabilità di una recessione attualmente sono scese al 55% dal 70% a gennaio di quest’anno.  

I tassi resteranno alti a lungo 

A differenza degli Stati Uniti dove l’economia, anche se lentamente, continua a crescere, l’Europa si trova in una fase di debolezza ciclica. E mentre le previsioni sul Pil statunitense sono migliorate, quelle per l’Eurozona sono in ribasso, con il Pil stimato a + 0,5%. 

Questa fase di debolezza potrebbe essere superata se lo shock dell’inflazione verrà isolato e le famiglie potranno di nuovo disporre di un reddito da lavoro corrente in crescita anche a livelli reali. 

Le banche centrali oggi parlano di tassi alti più a lungo. E non possiamo escludere che salgano ancora, con un’inflazione che resta ben oltre il target del 2% delle banche centrali. Non possiamo nemmeno escludere di trovarci in un nuovo ciclo economico. 

Nessuno parla apertamente di “no landing”, che sarebbe l’inizio di un nuovo ciclo e si verificherebbe se l’economia continuasse a crescere indipendentemente dal risultato della politica della Fed sull’inflazione. In questo scenario non si avrebbe una crescita che rallenta o si ferma, ma che pian piano riparte, qualcosa che abbiamo visto negli ultimi tre o quattro trimestri, e avremmo un’inflazione che probabilmente resterebbe più alta rispetto all’obiettivo della banca centrale. 

Differenza tra mercato del lavoro statunitense ed europeo 

La ripresa dell’economia europea resta indietro rispetto agli Stati Uniti e questo è dovuto anche al fatto che vi è differenza tra mercato del lavoro americano ed europeo. In Europa c’è maggior lentezza, maggiori ostacoli nelle contrattazioni salariali.

Gli ultimi dati sul mercato del lavoro statunitense lo mostrano in buona salute. Gli squilibri domanda/offerta sono migliorati (vedi grafico). La forza lavoro è tornata ai livelli pre-Covid, mentre la domanda delle aziende per nuove assunzioni è ancora molto alta. 

L’andamento del mercato del lavoro è importante perché l’extra risparmio delle famiglie del periodo pandemico è ormai stato speso, ma l’economia statunitense non è andata in recessione perché sono subentrati il reddito da lavoro e l’aumento degli stipendi. 

Anche in Europa probabilmente il “tesoretto” delle famiglie, accumulato durante la pandemia, sta per finire. Ma il mercato del lavoro qui è meno dinamico. 

Un policy mix espansionistico? 

Meglio rimanere cauti sulla possibilità che le banche centrali siano effettivamente arrivate a fine ciclo. In Europa e negli Stati Uniti i tassi sono aumentati molto in un periodo relativamente breve. Ma se ragioniamo rispetto a cosa sono aumentati potrebbe cambiare la percezione di quanto restrittiva sia la politica monetaria.  

Inoltre, l’enorme bilancio delle banche centrali viene “smontato” molto lentamente, mentre la liquidità in eccesso potrebbe diventare un freno alla politica monetaria di rialzi. 

La curva dei tassi invertita, con i tassi a lunga scadenza che hanno un rendimento più basso dei tassi ufficiali stabiliti dalla banca centrale, modera l’effetto di politica monetaria restrittiva.  

Infine, anche una politica fiscale molto generosa contribuisce a limare l’effetto della politica monetaria. Da una parte il governo, attraverso la banca centrale, ci ritira la liquidità con un maggior costo del denaro, ma dall’altra ci restituisce una parte di questi soldi, attraverso politiche di incentivi e sussidi attuate dai governi dal Covid a oggi. 

In conclusione, quindi, una possibile risposta all’interrogativo come mai l’economia non sia già in recessione sta probabilmente nel fatto che si parla di stretta monetaria facendo riferimento solo al tasso di riferimento ufficiale, mentre tutti gli altri indicatori farebbero presagire un policy mix ancora espansionistico. 

Quali implicazioni per i portafogli? 

Se fossimo all’inizio di un nuovo ciclo economico, piuttosto che in una fase matura, ci sarebbero implicazioni sia per i rendimenti attesi che per l’asset allocation strategica dei portafogli d’investimento. Se fossimo all’inizio di un nuovo ciclo, avere i portafogli scarichi di rischio non sarebbe il posizionamento più idoneo. Bisognerebbe avere del rischio in portafoglio. Inoltre con i tassi in salita la duration breve ha funzionato abbastanza bene, a scapito delle duration più lunghe. Oggi, tuttavia, per i portafogli troppo sbilanciati sulla duration c’è un rischio. Una normalizzazione della curva dei tassi potrebbe essere un’ulteriore fonte di rischio nel caso di tassi “higher for longer”. 

In questo contesto, continuiamo a pensare che un approccio cauto sul rischio di duration potrebbe essere la scelta vincente. Preferiamo prendere rischio di credito o rischio azionario rispetto al rischio di tasso. 

Le performance da inizio anno hanno premiato questa scelta. Basti pensare che le obbligazioni EUR High Yield da inizio anno hanno registrato una performance del +6,3%. 

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