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Elezioni Usa 2024: è in arrivo un cambiamento di politica macroeconomica di grande o modesta portata?
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Elezioni Usa 2024: è in arrivo un cambiamento di politica macroeconomica di grande o modesta portata?

Con la conferma della candidatura del presidente Joe Biden e dell’ex presidente Donald Trump, è il momento opportuno per esaminare le rispettive posizioni politiche e le conseguenze che la vittoria di uno dei due candidati avrebbe sull’economia degli Stati Uniti. In questo articolo ci concentriamo sulle implicazioni della politica macroeconomica.
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AUTORE: Simona Mocuta, Chief Economist, ed Elliot Hentov, Head of Macro Policy Research di State Street Global Advisors

Con la conferma della candidatura del presidente Joe Biden e dell'ex presidente Donald Trump, è il momento opportuno per esaminare le rispettive posizioni politiche e le conseguenze che la vittoria di uno dei due candidati avrebbe sull'economia degli Stati Uniti. In questo articolo ci concentriamo sulle implicazioni della politica macroeconomica.

L'attuale contesto macroeconomico è più favorevole al presidente in carica rispetto a quanto emerge dai sondaggi. Tuttavia, è altamente probabile che il Senato passi ai repubblicani, mentre i democratici appaiono leggermente in vantaggio per la Camera. Questi sono fattori importanti per analizzare i potenziali cambiamenti di politica macroeconomica dopo il voto di novembre, dato che, in questa fase, gli esiti dei tre possibili scenari - lo status quo, una presidenza Trump e un Congresso diviso, o addirittura una vittoria repubblicana – sono ancora delle possibilità reali.

Lo status quo significherebbe continuità politica con battaglie ricorrenti in merito al tetto del debito e probabilmente risultati negoziali simili, ovvero una spinta fiscale neutra (anche se, come spiegheremo più avanti, le dinamiche del debito stanno organicamente peggiorando). Un ritorno di Trump alla Casa Bianca, anche con un Congresso diviso, porterebbe probabilmente a cambiamenti politici più ampi in aree non fiscali, quindi vale la pena concentrarsi sui temi politici più significativi in ottica macroeconomica.

Un Congresso diviso ha implicazioni concrete per la politica industriale, il commercio e l'immigrazione

Il fulcro del programma politico dell'amministrazione Biden è incentrato sul sostegno agli investimenti pubblici nella produzione nazionale, in particolare nelle industrie legate alle energie rinnovabili e ai semiconduttori. Dopo le elezioni, l'Inflation Reduction Act (IRA) rimarrà in vigore, anche se un'amministrazione Trump potrebbe sia ridurre sia mantenere l'interpretazione delle disposizioni dell'IRA che prevedono sussidi pubblici e incentivi fiscali. Non ci aspettiamo un cambiamento sostanziale nell'applicazione di questa legge da parte del governo, dato che la maggior parte dei fondi è stata destinata agli Stati a guida repubblicana e Trump condivide gli obiettivi di reindustrializzazione associati alla legge. La principale differenza politica riguarderebbe probabilmente il grado di sostegno all'industria dei combustibili fossili, senza annullare la maggior parte delle disposizioni dell'IRA.

Per quanto riguarda il commercio, il presidente Biden ha continuato ad implementare le politiche del suo predecessore e infatti ha aumentato le restrizioni sul commercio bilaterale USA-Cina. Tuttavia, Trump ha promesso di andare oltre e di imporre dazi fino al 60% sulle importazioni cinesi e ha proposto una tariffa generale del 10% su tutte le importazioni. Come abbiamo imparato dalle guerre commerciali del 2018-2019, i dazi di solito provocano misure di ritorsione e quindi l'effetto netto complessivo è un'aspettativa di crescita più bassa e inflazione più alta. Tuttavia, dato che gli Stati Uniti rimangono un'economia relativamente chiusa, l'entità di questi movimenti sarebbe modesta, con stime ragionevoli che prevedono un calo della crescita del PIL reale degli Stati Uniti di circa lo 0,3%. Se non avessimo tratto insegnamenti dalla pandemia, saremmo ragionevolmente fiduciosi del fatto che questo rappresenterebbe un valore superiore, ma ora sappiamo che le imprese hanno un potere di determinazione dei prezzi collaudato e reagirebbero rapidamente al fine di trasferire le variazioni dei costi ai consumatori finali. Pertanto, le misure commerciali potrebbero sostenere una nuova ondata di inflazione, ma solo in combinazione con altre forze inflazionistiche. Il grafico 1 riflette la traiettoria dei prezzi delle importazioni nell'ultimo decennio e mostra che la controversia commerciale del 2018-2019 si è tradotta in un modesto aumento temporaneo dei prezzi dei beni di consumo.

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L'immigrazione resta un tema macroeconomico nel 2024 proprio per il suo potenziale impatto in un mercato del lavoro rigido e la divergenza politica tra i candidati è significativa. Nel suo primo mandato, Trump ha attuato politiche che hanno ridotto marginalmente l'immigrazione legale in un contesto di miglioramento del mercato del lavoro. Allo stesso tempo, il numero di ingressi illegali ha iniziato ad aumentare. Il grafico 2 illustra l'entità dell'aumento dell'immigrazione sotto l'amministrazione Biden, particolarmente evidente dopo l'abolizione delle restrizioni introdotte per contrastare la pandemia nel 2022. In totale, l'afflusso di migranti nel 2023 si è attestato al doppio rispetto al 2019, pari a due milioni di persone in più.

Il rapporto migrazione-inflazione è più complicato di una semplice funzione dell'offerta di lavoro. La maggior parte degli immigrati cerca di inserirsi rapidamente tra la forza lavoro; quindi, la persistenza di tassi di disoccupazione bassissimi implicherebbe che i mercati del lavoro sarebbero molto più rigidi in assenza di immigrazione e, per estensione, anche l'inflazione sarebbe più alta. Allo stesso tempo, un'immigrazione rapida aumenta la domanda di beni e servizi di base, in particolare di abitazioni, che hanno un'offerta anelastica; quindi, anche questo ha un elemento inflazionistico, almeno nel breve periodo. È quindi l'equilibrio delle dinamiche di domanda-offerta che deve essere ripristinato.

Nessuno dei due candidati dispone di una piattaforma politica coerente per affrontare questa sfida, anche se le posizioni di Trump indicano maggiori vincoli all'offerta di lavoro e, forse, implicano un contesto di tassi "più alti più a lungo".

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Il quadro fiscale è disastroso e potrebbe peggiorare

Le prospettive fiscali degli Stati Uniti sono diminuite nell'ultimo anno e si trovano su una traiettoria insostenibile. Il grafico 3 mostra che l'aumento dei tassi è sostenuto dal peggioramento del profilo fiscale e, a sua volta, lo alimenta ulteriormente. Sottolinea inoltre che cambiamenti significativi nella politica fiscale si verificano di solito solo in presenza di governi unificati - e solo il partito repubblicano potrebbe plausibilmente controllare tutti i rami del governo federale dopo le elezioni. Vale quindi la pena considerare quale sarebbe il percorso fiscale.

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Uno dei motivi che spiegano il deterioramento del rapporto illustrato nel grafico 3 è legato al fatto che, dopo l'espansione fiscale non coperta da fondi registrata negli anni 2018-2020 della presidenza Trump, l'amministrazione Biden non ha aumentato la tassazione come previsto prima della sua elezione. Al contrario, la spesa è cresciuta in modo sostanziale per finanziare la ripresa a seguito della pandemia e altre iniziative politiche senza compensare la crescita delle entrate. Il prossimo presidente dovrà intervenire quando, entro la fine del 2025, la riforma fiscale introdotta nel 2017 giungerà a scadenza, ripristinando la maggior parte delle imposte sul reddito individuale ai livelli precedenti al 2017.  La storia suggerisce che i consumatori incrementano preventivamente i propri risparmi in vista di tali modifiche in ambito fiscale, quindi questo potrebbe rallentare la crescita dei consumi nel 2025 qualora i timori di un aumento della tassazione su larga scala prevalgano.

Il controllo repubblicano del Congresso e della presidenza eviterebbe quasi certamente un simile aumento delle imposte. Mentre le finanze pubbliche statali si sono complessivamente stabilizzate, il saldo primario delle amministrazioni pubbliche (deficit ante pagamento degli interessi) è ancora al -2,2% del PIL. In assenza di un aumento della tassazione, ciò implica un crescente onere del debito e maggiori costi di servizio del debito, dato il tasso di crescita tendenziale degli Stati Uniti.

Conseguenze del cambiamento delle dinamiche del debito

Per una valuta di riserva come il dollaro statunitense, non mancherà mai la domanda di asset sicuri. I "bond vigilantes" possono riuscire ad aumentare il premio a termine per riflettere le preoccupazioni sul debito a lungo termine, ma il problema maggiore è rappresentato dal meccanismo dei maggiori costi di servizio del debito. Poiché la scadenza media della raccolta dei Treasury statunitensi si aggira tra i cinque e i sei anni, più della metà dell'attuale stock in circolazione si rifinanzierà a livelli più elevati. L'aumento dei costi di servizio del debito e l'ulteriore incremento delle emissioni aumentano la pressione sui tassi. L'insieme di queste forze potrebbe provocare un'esclusione indiretta degli investimenti privati, nonché una riduzione della spesa pubblica a causa dell'aumento della quota di bilancio destinata al pagamento degli interessi.

Il grafico 4 illustra la crescita dei pagamenti degli interessi rispetto alla spesa per la difesa e mostra come i pagamenti del debito cominceranno a superare le principali priorità di bilancio. Dato che non prevediamo che le misure di aumento delle entrate abbiano successo (immaginabili solo in caso di vittoria dei Democratici, che riteniamo poco plausibile), la sfida politica per la prossima amministrazione sarà quella di decidere in quali aree limitare la crescita della spesa. Sotto l’amministrazione Biden, immaginiamo che i negoziati sul bilancio e sul tetto del debito generino ripetutamente tagli ai bilanci discrezionali e della difesa. Una presidenza Trump, invece, potrebbe prendere in considerazione modifiche alla spesa assistenziale, in particolare nelle parti del bilancio statunitense legate alla sanità (ad esempio Medicaid e Medicare).

Ci sono poche scelte tecniche che potrebbero sostenere la sostenibilità fiscale a lungo termine senza essere eccessivamente sensibili dal punto di vista politico. L'innalzamento dei limiti di contribuzione alla previdenza sociale e le qualifiche d'età rientrano tra le categorie che potrebbero emergere dai negoziati sul bilancio o sul tetto del debito.

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Conclusioni

Quali sono le implicazioni per gli investimenti che gli investitori dovrebbero tenere in considerazione in questo anno di elezioni? Nel complesso, riteniamo che la divergenza di politica macroeconomica tra i due partiti sia minore quest'anno rispetto alle due precedenti elezioni presidenziali del 2016 o del 2020. Tuttavia, le aree soggette a cambiamenti sono più strettamente legate all'inflazione e ai tassi, che sono stati i driver d'investimento dominanti del periodo post-pandemia. I tassi a lungo termine si stanno chiaramente assestando su livelli più elevati, ma alcune scelte politiche potrebbero aumentarli ulteriormente. Allo stato attuale, non esistono proposte politiche serie che vadano nella direzione opposta.

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