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La Cina è pronta a risalire la china?
Investimento in Asia

La Cina è pronta a risalire la china?

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AUTORE: Raheel Altaf, co-gestore del Fondo Global Emerging Markets Equity di Artemis

All’inizio dell’anno gli strateghi degli investimenti si aspettavano un boom economico post Covid in Cina. Purtroppo le previsioni non si sono realizzate ma non tutto è perduto. 

I dati cinesi di quest’anno sono stati realmente deludenti, con un aumento della disoccupazione giovanile, una crescita poco vivace delle vendite al dettaglio e della produzione industriale, un calo pronunciato delle esportazioni e una crisi immobiliare. Comunque, la responsabilità è perlopiù dello stesso governo cinese, alla luce del piano che quest’ultimo ha messo in atto per sgonfiare la bolla immobiliare e garantire una crescita sostenibile.     

In ultima analisi, però, questa manovra non è proprio da scartare. Anzi, gli investitori approvano le macro-misure prudenziali per eliminare il rischio dall’economia e, per questo motivo, non si possono lamentare per l’inevitabile impatto sulla crescita a breve termine.   

Ora però si comincia a registrare un flusso di dati positivi e potrebbe essere arrivato il momento di rivedere quelle previsioni formulate in precedenza, che erano certamente errate per le tempistiche delineate ma che contenevano un’analisi che potrebbe essere corretta.

Le banche centrali nei paesi sviluppati si trovano di fronte ad una sfida seria nella loro battaglia contro l’inflazione. Gli impatti dei rialzi dei tassi di interesse si manifestano sempre dopo un po’ di tempo, quindi capire qual è il momento di allentare le briglie è difficile. 

Per contro, in Cina, ad essere bassa non è solo la crescita ma anche l’inflazione. Ciò consente di manovrare le leve dello stimolo senza far schizzare i prezzi verso l’alto. L’ultima cosa che ci si può attendere è che il governo cinese incominci ad usare i bazooka economici per stimolare l’economia. In ogni caso, sembra che comunque quest’ultimo stia applicando alcune misure, come il recente taglio del tasso sui prestiti a dodici mesi. Ci aspettiamo altre manovre come questa. In ogni caso, visto l’umore nero degli investitori in questo momento, anche una modesta ripresa della domanda dei consumatori interni potrebbe portare al rialzo di alcune azioni locali.     

Chi ha bisogno degli USA?

C’è ancora la possibilità che gli USA entrino in recessione. In passato una tale evenienza avrebbe avuto serie conseguenze negative per la Cina mentre ora una recessione negli USA potrebbe anche non compromettere la ripresa del Paese.  

La Cina è attualmente molto meno dipendente dagli USA. Tramite la Via della Seta (“Belt and Road Initiative”) ha rafforzato i rapporti con molti paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Ora esporta molto di più in Asia che negli USA, un’Asia che cresce rapidamente anche senza i benefici di un’economia cinese che procede a pieno ritmo. 

Ad essere cambiata è anche la struttura dell’economia cinese. A seguito della Crisi Finanziaria Globale, la Cina ha effettuato ingenti investimenti in infrastrutture e in città di seconda e terza fila. Ciò ha consentito lo sviluppo dell’economia nazionale e l’emersione di una robusta classe media, senza contare però la crescita vertiginosa dei prezzi delle materie prime e della produzione a livello globale. La Cina è diventata la fabbrica del mondo, spesso fornendo prodotti e componenti a prezzi molto bassi.  

Venendo alla situazione attuale, mentre le economie sviluppate di mercato, come gli USA, investono in infrastrutture, la Cina è sempre più impegnata a produrre beni e servizi a più alto valore aggiunto

Quest’anno è diventata la maggiore produttrice di automobili del mondo, superando il Giappone, e nei saloni dell’auto di tutta Europa le sue automobili stanno cominciando a riscuotere consensi per lo stile, la qualità e i prezzi competitivi. Nei primi sette mesi di quest’anno in Europa sono state vendute 189.000 automobili cinesi. UBS stima che entro il 2030 una su cinque automobili vendute in Europa potrebbe essere cinese. La Cina è leader mondiale anche nella produzione di batterie. Tutto questo è parte di un fenomeno sempre più visibile, vale a dire l’internazionalizzazione dei marchi cinesi, sia che si parli di PDD holdings, che possiede siti di e-commerce come Temu e Pinduoduo, sia che si parli di TikTok. Questo sviluppo è basato non solo sulle esportazioni ma anche sulla continua ascesa della classe media del Paese. 

Se si considerano questi cambiamenti strutturali, oltre alla portata del prudente stimolo economico, la realtà sembra cominciare ad essere più interessante. Stessa cosa per le altre economie emergenti. 

Riteniamo che vi siano ottime opportunità per un’esposizione selettiva alla Cina e, più in generale, ai mercati emergenti. Come gestore di investimenti in mercati emergenti, direi che i numeri confortano la mia tesi. Un osservatore attento non impiegherà molto a rendersi conto che, nel mondo, la Cina e i mercati emergenti – unitamente al Regno Unito – sono regioni in cui abbondano azioni sottovalutate.  

Per chi è incerto su un investimento in Cina, il fatto che le azioni locali siano quotate a prezzi  estremamente convenienti attenua il rischio.

Il gigante cinese dell’e-commerce Alibaba passa di mano ad appena 10x gli utili a dodici mesi (l’S&P quota 24x). I prezzi delle azioni di Alibaba sono quasi dimezzati negli ultimi due anni. Al confronto, dopo una caduta rovinosa nel 2022, quest’anno le azioni di Amazon sono schizzate verso l’alto del 50%. 

Il rapport p/e di Schiller rettificato per il ciclo indica che la Cina presenza valutazioni interessanti rispetto a quelle del gruppo con cui si confronta a livello globale.

Fonte: Bloomberg, al 31 luglio 2023. Gli indici sono: MSCI for EM, Asia ex-Japan, UK and Europe, S&P 500 for US and TOPIX for Japan.

Gli investitori danno per scontato che la Cina sia in un mare di guai e che stia lottando per ritornare a galla. Il mercato prezza questo pessimismo. Il momento migliore per trovare buona occasioni è quando l’umore dei mercati ha toccato il fondo.

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