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Cina, perché il paragone con il Giappone degli anni Novanta non regge
Investimento in Asia

Cina, perché il paragone con il Giappone degli anni Novanta non regge

Un esame rivela differenze tra Cina e Giappone, e fa pensare che la Cina non sia destinata a un’analoga e prolungata stagnazione.
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16 NOV, 2023

Di KraneShares

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AUTORE: Xiaolin Chen, Head of International di KraneShares

L'attuale situazione economica della Cina ha indotto dei paragoni con il "decennio perduto" del Giappone degli anni Novanta, ma un esame più attento rivela differenze determinanti tra i due Paesi, che ci fanno pensare che la Cina non sia destinata a un'analoga e prolungata stagnazione.

Un primo aspetto da considerare quando si fa questo confronto è la crescita del PIL che vede i due paesi in due traiettorie molto diverse. Anche se la Cina non sta registrando una crescita a due cifre come quella che dagli anni Novanta al 2010 l’ha portata a diventare la seconda economia al mondo, l’obiettivo di crescita del 5% rappresenta un tasso di crescita solido verso la modernizzazione del paese. Ben superiore al tasso di crescita del PIL del Giappone degli anni ’90, che si attestava intorno all'1%.

Quando si fa questo paragone si guarda spesso anche alle valutazioni del settore immobiliare, sostenendo in particolare che quello cinese sia attualmente in una fase di consolidamento, proprio come avvenuto in Giappone negli anni '90. In quegli anni però il valore degli immobili in Giappone era pari al 560% del PIL, quindi un livello molto più alto rispetto a quello nella Cina di oggi, che si attesta al 260% del PIL. Anche se crediamo che la fase di consolidamento del settore immobiliare cinese non sia ancora terminata, pensiamo che sia vicino ad entrare in una fase più positiva per contribuire alla crescita del PIL.

La stessa dinamica si può osservare sui mercati azionari. Attualmente, il mercato azionario cinese registra una valutazione che è ai minimi degli ultimi dieci anni - principalmente per preoccupazioni legate a fattori macroeconomici - mentre il Giappone negli anni '90 riportava valutazioni azionarie elevate. Riteniamo che, quando l'attenzione tornerà a concentrarsi sui fondamentali e sugli utili delle società cinesi, le valutazioni azionarie si riprenderanno. Questo costituirà un incentivo interessante per gli investitori globali a premiare i solidi utili delle società cinesi, che non si sono ancora riflessi pienamente nei prezzi delle azioni.

Se si guarda invece alle valute, mentre negli anni ’90 c’è stato un forte apprezzamento dello yen del 200%, oggi la Cina riesce a gestire la fluttuazione del renminbi, che è guidata più dai differenziali dei tassi di interesse che da fattori strutturali. Inoltre, la politica monetaria cinese è ancora espansiva, mentre gli Stati Uniti e la maggior parte dei mercati sviluppati si trovano in una fase di rialzo dei tassi di interesse.

La Cina si trova ad affrontare anche una serie di sfide demografiche, ma il governo sta intervenendo proattivamente per alleviare le pressioni che ne derivano. Negli anni ’90 la popolazione del Giappone era di 123 milioni e questo numero non è cambiato in trent’anni, con la popolazione che è ancora intorno allo stesso livello. Anche la Cina, secondo alcune previsioni, continuerà ad avere una popolazione di 1,4 miliardi nei prossimi dieci o vent’anni. Tuttavia, la politica del figlio unico che era stata introdotta negli anni '80 in Cina è stata poi allentata negli ultimi anni a causa dell'invecchiamento della popolazione. Per aumentare il tasso di natalità, il governo cinese offre sussidi finanziari alle famiglie con neonati. Inoltre, in Cina l'istruzione è gratuita fino all'università, il che alleggerisce ulteriormente la pressione finanziaria sulle famiglie. Ci vorrà del tempo affinché questo si traduca in una crescita della popolazione, ma siamo convinti che la Cina tornerà a crescere demograficamente nei prossimi anni.

Un ultimo elemento da considerare è il tasso di urbanizzazione, che in Cina è oggi del 65,20%, ovvero inferiore di circa il 12% rispetto al 77,34% del Giappone degli anni '90. Per arrivare allo stesso livello, altri 168 milioni di cinesi, ovvero più dell'intera popolazione del Giappone, dovranno spostarsi nei centri urbani.

Pertanto, sebbene il Paese stia affrontando una serie di sfide, riteniamo che la Cina abbia ancora ampio margine per incrementare il numero di politiche di supporto e per rilanciare l’economia e che la sua fase di sviluppo differisca in modo sostanziale dall'era post-boom del Giappone.

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